L’azzardo forlivese di una cultura alla carlona

Palazzo Romagnoli Collezione Verzocchi

Più ci penso e più non me ne capacito, così altri forlivesi in numero crescente e, fra questi, pure chi uso a considerare le cose nell’equilibrio dei due piatti dell’iconica bilancia, sorretta dalla dea bendata, perché imparziale, della Giustizia. Difficile ingoiare il rospo della tanta superficiale, grossolana faciloneria, soprattutto della tanta impudenza che emergono dalla gestione della cultura forlivese, da parte dell’attuale giunta. Possiamo pure mettere da parte le categorie politiche della destra e della sinistra, altrettanto possiamo accantonare il colore della giunta forlivese in carica perché, questo sì è essenziale, basta il solo buonsenso universale della correttezza amministrativa a convincerci quanto sia urgente fermare l’azzardo alla carlona nel quale, sempre più, rischia di precipitare la nostra cultura cittadina.

Un pericoloso, duplice azzardo gestionale perché sia amministrativo che tecnico-scientifico: pencola, benevolmente non voglio dire peggio, l’opportunità delle scelte amministrative, allo stesso modo zoppica la conoscenza basilare delle competenze d’insieme e particolari, utili all’affidamento di responsabilità dirigenziali nel settore della cultura. Proprio non mando giù il rospo del recente concorso, bandito dal Comune di Forlì per un posto di dirigente, addetto ai servizi culturali: appena sufficiente la laurea triennale, quale requisito d’accesso; appena una sola prova scritta d’esame per testare, anche ai fini dell’ammissione agli orali, la preparazione dei candidati sull’ampio spettro di competenze scientifiche, tecniche e di capacità manageriali, necessarie per l’organizzazione e la gestione di servizi culturali di una città. Però, non mi abbandona neppure un sospetto: e se tutto questo rispondesse ad un disegno preciso, destabilizzante principi e regole, utile, magari, pure nell’eventualità di salvaguardare un* vincitor* già in pectore?

Certo, una sola prova scritta è davvero misera cosa! Nel 1979 nel bando di concorso, ancora conservo la relativa Gazzetta Ufficiale e il relativo Bollettino Ministeriale, per accedere alla carriera che avrei, poi, svolto da funzionario direttivo nel Ministero per i beni culturali e ambientali, venivano indicate due prove scritte: la prima, consistente in un elaborato su un tema, a scelta del candidato, tra due materie, storia letteraria e artistica dell’Italia oppure storia politica italiana; la seconda prova, consistente nella traduzione di un brano in lingua straniera, ovviamente tra quelle indicate. Nel mio caso svolsi il tema “Il Settecento in Italia: aspetti della vita letteraria e artistica con particolare riferimento ai centri di Milano, Venezia e Napoli” e tradussi un lungo brano inglese, relativo alla prosperità dell’agricoltura nell’Età Vittoriana.

Ammesso all’orale con media di voto sulle prove scritte ben superiore al minimo previsto di 7/10, fui interrogato da ben sei commissario d’esame, ciascuno su una delle sei materie previste: storia letteraria e artistica; storia politica; istituzioni di diritto pubblico; una materia a scelta tra catalogazione dei beni culturali, biblioteconomia, archivistica o elementi di restauro; organizzazione del Ministero per i beni culturali e diritti, doveri degli impiegati civili dello stato; ultima, una prova di lettura e colloquio nella lingua scelta per la seconda prova scritta. Alla fine, risultai subito vincitore del concorso, tutto questo non per una carriera dirigenziale!

Al confronto, le modalità concorsuali del posto di dirigente culturale, messo a concorso dal Comune di Forlì, paiono un’inezia, ma soprattutto discutibili, soprattutto sul piano della proporzionalità e dell’equità amministrativa. Qualcuno avrà l’ardire di dire che i tempi sono cambiati e, anche nei concorsi pubblici, viviamo un’epoca nuova, più agile, ma, date retta, sono solo parole che tendono a infinocchiare: non solo, ancora oggi, e’ più che mai necessaria la verifica di un patrimonio imprescindibile di conoscenze e competenze, ma questo patrimonio in campo culturale si e’ accresciuto della crescente e varia operatività digitale, applicata alla catalogazione, alla biblioteconomia, all’archivistica, al vastissimo campo del restauro.

Mi pare che il bando di concorso comunale forlivese sia robetta degna del gioco del Sapientino oppure del “botta e risposta” della Settimana Enigmistica: forse, addirittura meglio, considerato tutto, che per detto posto di dirigente culturale del Comune di Forlì si approntino tanti pacchi in numero pari a quello dei candidati, uno solo, però, con dentro l’agognata botta di culo “Il posto è tuo!” Nell’Italia di Affari Tuoi speriamo davvero che nell’attuale gestione concorsuale della cultura forlivese non tiri aria di pacco, doppio pacco e contropaccotto.

Franco D’Emilio

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