Un augurio solo ai forlivesi sommersi e salvati

allagamenti fiume Montone

Ancora in questi giorni sono stato in ansia per amici, per mio figlio a Forlì, già toccati, coinvolti da precedenti eventi alluvionali. Per loro ho ancora temuto il peggio, scorrendo le immagini del fiume Montone, prossimo al quartiere dei Romiti, nuovamente in piena con l’ostacolo di tronchi, sterpaglie e rifiuti; ho condiviso ancora lo sguardo apprensivo di Walter, nella notte insonne a fissare il canale, poco distante dal giardino di casa; ho battuto con forza i pugni sul tavolo alla vista della cara Forlì ancora nel liquame, diciamola pure merda, su dai tombini di via Isonzo e via Pelacano.

Ancora di più, proprio per l’ossessione di questo incombente e, purtroppo, ricorrente pericolo che Forlì ritorni sott’acqua, credo di avere il diritto di dire che non ne posso più, che niente e nessuno possa zittirmi a dichiararmi fortemente amareggiato, deluso, schiettamente incazzato dalla gestione del post alluvione, dalla pochezza, perlopiù parolaia, degli aiuti ai “sommersi e salvati” forlivesi. Sì, spontaneamente, seppur con un cauto paragone, il pensiero mi corre al celebre titolo di Primo Levi poiché triste vedere forlivesi, ormai salvati e sommersi, più volte dall’alluvione, ma tuttora inesorabilmente perseguitati da questa minaccia che pare configurarsi in una ricorrenza, periodica e carsica, quasi simile a quella, certo ben più grave, della fiumana della discriminazione, del razzismo, dell’antisemitismo.

Questa ripetuta “sommersione e salvezza forlivese” ha diviso, divide e dividerà tristemente nel tempo il nostro cittadone tra sfortunati e fortunati, tra sfigati e vincenti. Senza la soluzione, pur graduale, ma concretamente fattiva, di questa disparità non potrà esserci più una tangibile, omogenea crescita complessiva di Forlì, dalla sua economia al suo benessere sociale, alla sua stessa cultura. Fuori da questa prospettiva non si illuda di fare chissà cosa la neo assessora regionale forlivese Gessica Allegni, ne’ candidata ne’ eletta, per ora solo coniglietta bianca, fuori dal cilindro prestidigitativo degli affari interni del PD.

Altrettanto, non si illuda di fare miracoli il neo governatore dell’Emilia Romagna, Michele de Pascale, stamani tronfio sui giornali con il suo “E sull’alluvione decido io”, patetico sfoggio di un decisionismo, esercitato non tanto con la fermezza del pugno, piuttosto quella di una…: chi, sveglio, mi avrà certamente inteso. Sinora, a Forlì il contrasto al pericolo climatico, alluvionale è stato solo motivo di contesa politica, mai di intesa, almeno collaborativa tra le parti, maggioranza e opposizione, destra e sinistra.

Per carità ci sta la polemica, ben vengano le critiche, ma, sinora, per andare dove? Piccoli segnali che, intanto, nelle zone colpite diminuiscano i risparmi in banca, aumenti l’insolvenza delle spese condominiali e abbiano chiuso diverse piccole imprese? Si continua vanamente a traccheggiare, quando, invece, al governo di Forlì occorrerebbe l’impegno di una “grossa koalition” alla tedesca di chiunque, da destra a sinistra, sia disponibile per il bene della città. Rendiamocene conto, non nascondiamo la testa come gli struzzi, siamo in una situazione emergenziale, esistenziale per il prossimo futuro forlivese.

In un simile contesto, ad esempio, si può pensare, come niente fosse, di continuare a far mostre nel San Domenico, nonostante l’incerta sorte del vasto patrimonio culturale forlivese sotto la pericolosa spada di Damocle del rischio climatico? Possiamo, ancora, pensare che, d’ora innanzi, la sicurezza cittadina, la prosperità economica e sociale di Forlì non riflettano anche il dissesto sociale, provocato dagli eventi alluvionali? Come tanti forlivesi, desidero soltanto futuro certo e speranze incoraggianti, progettualità possibili e aiuti sicuri, congrui a chi colpito, insomma ho voglia di vita e voglia di vita, fuori dalla gabbia maligna del pericolo alluvionale.

Al momento, solo questi auspici costituiscono il vero programma ideologico e politico dei forlivesi, interessati a ristabilire la compattezza di una città non più divisa dalla sfiga alluvionale, quindi tra chi con un futuro e chi senza. Non sono pessimista o qualunquista, sono semplicemente realista; non scrivo questo ne’ per avversione all’attuale governo forlivese ne’ per simpatia verso altri, penso solo al drammatico impegno che sia salva e trovi futuro la comunità forlivese nella sua interezza: obiettivo, questo, adesso davvero improbabile nell’attuale, logora canea del consiglio comunale forlivese.

Per tutto questo, non apprezzo quella Forlì ipocrita, indifferente, anche cinica che si ostina a voler brillare di temporanea, psichedelica illusione; per questo, non mi convince chiunque falsamente creda di buggerare il prossimo, assicurando che tutto proceda e vada bene: si rischia di fare la fine ridicola del conte Mascetti che nel film “Amici miei” rassicurava il suo quartiere che l’Arno in piena non avrebbe raggiunto le sue case, compreso il proprio seminterrato, salvo poi vedersi all’istante travolto dalle acque. Anche per questo mi sento nell’animo di esprimere un augurio natalizio solo a chi tra i forlivesi determinato veramente a risorgere, non più a sopravvivere “sommerso e salvato”.

Franco D’Emilio

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