L’uso del suolo deve essere sempre attento, altrettanto s’impone che tanto patrimonio edilizio, pubblico e privato, sia ad uso abitativo che per attività produttive e commerciali, sia possibilmente recuperato, magari pure a nuove finalità: tutto questo perché incuria, degrado ed emarginazione non prevalgano a tutto discapito della qualità della vita dei cittadini. A Forlì, da tempo ormai memorabile, nemmeno troppo lontana dal centro della città, una vasta area, in parte edificata e in parte a suolo libero, risulta in attesa di una riqualificazione, sinora solo annunciata, dunque concretamente ancora molto lontana dalle attese dei forlivesi.
Sopraggiungendo da San Martino in Strada, si tratta dell’area, compresa nel triangolo fra viale dell’Appennino e viale Risorgimento, ma estesa pure agli spazi, sottostanti a sinistra dello stesso viale dell’Appennino e declivi verso il fiume Rabbi, in direzione della frazione di Vecchiazzano, come si evince da quanto compreso nelle linee in rosso e verde della foto allegata. Si tratta complessivamente dell’ex Centrale Avicola, di proprietà della Regione Emilia Romagna, che adesso, unitamente al Comune di Forlì, cerca di promuoverne il recupero, così che possa, soprattutto, finire quell’abbandono a diversi senzatetto, alla microcriminalità ed altre attività illegali, non escluso lo spaccio, particolarmente presenti negli edifici, stretti tra i due viali.
Tuttavia, molta preoccupazione destano anche i capannoni, entro un segno rosso in basso a sinistra, fino alla recente, tragica alluvione ancora parzialmente utilizzati per l’allevamento di pollame, poi decimato dalla furia delle acque. A tutt’oggi, come mi riferiscono alcuni residenti in zona, non si sa se vi sia stata la rimozione delle carcasse e del notevole volume di guano depositato; non solo, i cittadini, residenti nelle vicinanze, riferiscono anche di evidenti danni ai tetti di copertura di tali capannoni, realizzati con lastre di eternit, materiale edilizio ancora usato nei primi anni ’70, epoca, appunto, di costruzione della ex Centrale Avicola forlivese.
Inoltre, dulcis in fundo, nel terreno, prossimo a detti capannoni e nella foto compreso entro la linea verde, si svolge, tuttora, una coltivazione ortiva ad opera della cooperativa Radici Urbane, senza che di questo stesso terreno si sia provveduto, soprattutto ad opera di ARPA, alla verifica se vi sia stata, sempre dopo l’alluvione, la pericolosa contaminazione di sostanze nocive, ostative ad ogni sicura attività agricola. I cittadini sono così preoccupati dell’eventuale dispersione di fibre d’amianto come della mancanza di controllo sanitario di tutti gli spazi dell’ex Centrale Avicola, fra l’altro nel bisogno anche di una urgente derattizzazione. Al riguardo, veda di provvedere chi con l’autorità o l’obbligo di poter intervenire: “ verba volant, facta manent” ovvero le parole, da sole, rischiano spesso di volar via con ogni buon proposito, lasciando, invece, irrisolti problemi in tutta la loro vergogna.
Franco D’Emilio