
Spesso gli indizi sono segnali che fondatamente possa realizzarsi qualcosa, al momento solo nell’aria, ma sempre più incombente; se poi questi segnali sono almeno tre, allora dobbiamo concordare con Agatha Christie che essi costituiscono una prova evidente del possibile avvenimento di quanto temuto perché accadimento di uno sproposito, peggio ancora di una frittata nel senso di pasticcio, esagerato e inutile provvedimento. È proprio il caso del nuovo, ipotizzato accesso controllato al Comune di Forlì, quindi ai suoi uffici e servizi, provvedimento del quale, da giorni, tanto si parla, si dà scontata l’attuazione, come se ne smentisce la notizia, al pari di un segreto di Pulcinella, al quale sembra particolarmente incline l’amministrazione della giunta di centrodestra Zattini bis.
Dunque, ancora una prova, visto il cumulo degli indizi, della discutibile, contraddittoria, addirittura sotterranea condotta amministrativa dell’attuale giunta, conseguenza dell’assenza di una vera dirigenza politica di spessore alla guida di buona parte del centrodestra forlivese. Si confida di fare le cose in sordina, sottobanco, con provvedimenti d’imperio, fuori dalla condivisione e dal confronto in Consiglio Comunale, persino travolgendo i diritti dei dipendenti comunali e senza la piena garanzia della privacy dei cittadini. In conclusione, accesso al Comune solo da ingressi vigilati e soltanto a cittadini con appuntamento prenotato, ai quali rilasciare una sorta di lasciapassare, restituibile, poi, all’uscita?
Una bella pensata, trapelata alcuni giorni fa da un’indiscrezione e motivata dalla finalità precipua di “evitare furti e molestie all’interno della casa comunale”: Arsenio Lupin o Diabolik e molestatori, furtivi e insopportabili tra le scrivanie comunali? Per carità, un controllo degli accessi è legittimo, pure con il rilascio di un pass, come da tempo avviene in tanti ministeri dietro deposito all’entrata di un documento di identità, ma risulta eccessivo vincolarlo al possesso di un appuntamento prenotato poiché ogni cittadino rispettoso delle regole ha, comunque, diritto ad accedere ad uffici, servizi pubblici per informazioni, istanze, documentazione o anche incontrare persone addette di sua relazione.
Negli uffici ministeriali, all’ingresso principale e ad ogni piano, gli ingressi sono vigilati da personale di qualifica ausiliaria, tipo commessi, uscieri o custodi, e negli spazi di solo passaggio vi è una diffusa, segnalata videosorveglianza: depositando un documento d’identità, si accede ad un servizio senza il dettaglio del perché e senza l’obbligo di un appuntamento prefissato. Come mai, allora, tanto diversamente il nuovo, possibile controllo degli accessi al Comune di Forlì? Fra l’altro, perché mai, lo riferiscono stamani i giornali, questo controllo dovrebbe garantirsi con l’impiego di unità della Polizia Locale, costrette, così, a compiti estranei alla qualifica posseduta e in chiara violazione dei diritti sindacali?
Agenti municipali, declassati a uscieri, commessi, custodi di un servizio di primo front office, con la conseguenza di un maggiore carico di lavoro dell’attuale, personale della Polizia Locale, già in difficile sottorganico? Quali le garanzie che la richiesta delle motivazioni dell’appuntamento prefissato e il controllo al momento dell’accesso in Comune si svolgano nel rispetto di un protocollo a tutela della privacy del cittadino utente? Troppi aspetti non convincono di questo nuovo controllo degli uffici comunali forlivesi, sicuramente frutto di un disegno estemporaneo degli assessori Bartolini e Bassi, quando, invece, la sicurezza è davvero precaria nelle vie cittadine per motivi ben più gravi e impellenti. Sospetto che a Forlì il nuovo accesso ad alto controllo poliziesco degli uffici comunali sia solo un nuovo, maldestro stratagemma della giunta di centrodestra per distrarre, distogliere l’attenzione, fingendo premurosamente di provvedere a fiaschi con fischi.
Franco D’Emilio