Meglio una doppia capitale della cultura

Forlì e Cesena

Tra il bene e il male, ovviamente, si sceglie il primo, soprattutto se la scelta s’impone in tutta evidenza e necessità per il buonsenso dell’opportunità, di un riflessivo giudizio critico e valutativo. Il bene, in questo caso, è la possibilità di una candidatura congiunta di Forlì e Cesena a capitali italiane della cultura nel 2028. Il sindaco forlivese Zattini è possibilista, apre a tale eventualità, seppur con qualche paletto, segnale di vincolante, inopportuno richiamo ad un ruolo dominante di Forlì nella corsa.

Già Bergamo e Brescia nel 2023 sono state congiuntamente capitali italiane della cultura e non certo per chissà mai quale eccezionale deroga: al riguardo, basta andare a leggersi alcuni atti istruttori e la stessa motivazione di attribuzione del titolo alle due floride e importanti città lombarde per capire che non si è trattato affatto di un’eccezione straordinaria, quindi irripetibile. Fra l’altro, pure considerando quanto la valorizzazione culturale italiana sia integrata nell’Unione Europea, praticamente coincidono i criteri aggiudicativi di capitale italiana e capitale europea della cultura, allora il carattere di deroga cade anche dinanzi alla significativa e, addirittura, triplice assegnazione di prime città della cultura in Europa per il 2025 alle città di Chemnitz, Gorizia e Nova Gorica, rispettivamente site in Germania, Italia e Slovenia.

Dunque, perlomeno coerentemente con il precedente tutto italiano e con quello triplice europeo, credo sia giusto puntare alla doppia candidatura di Forlì e Cesena a capitali italiane della cultura nel 2028 perché nella certezza di promuovere, valorizzare il comune patrimonio di beni e attività culturali, davvero proiettivo nel mondo delle due citta romagnole, da sempre vicine, anche nella condivisione di tanta storia e tanto fermento culturale. Credo che i Primi Cittadini di Forlì e Cesena debbano cogliere e realizzare questo spunto, puntare ad un obiettivo concorde, senza tanti distinguo chi delle due città sia più brava o, magari, più semplicemente debba essere unica titolare del titolo di capitale italiana della cultura. Diversamente, cadremo in un mediocre, campanilistico provincialismo culturale, insomma robetta più da paesoni che da città moderne, consapevoli, assieme, di compensare propri pregi e difetti con l’unicità, l’eccellenza del comune ruolo culturale nella Romagna forlivese-cesenate.

Franco D’Emilio

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