
Ci voleva proprio Carletto III d’Inghilterra, reuccio tardivo a lungo tenuto a cuccia da mamma Betty, perché la Romagna finalmente sognasse un po’: addirittura, un incredibile “sogno reale”, così stamani su qualche giornale, in una terra ormai di tanta sbiadita e contraddittoria tradizione politica repubblicana. Ci voleva sempre Carletto in visita di stato, più simile ad un fante di cuori, senile paggetto premuroso con la sua Camilla, regina di calcolata simpatia quanto un rottweiler, perché la sgangherata Romagna aviatoria forlivese altrettanto sognasse di spiccare nuovi voli, magari quello ambizioso e prestigioso di un collegamento diretto Forlì-Londra.
Ci voleva giusto, quasi in extremis, re Carletto, vessillifero della perfida Albione, a dare nuovo lustro all’annuale celebrazione, siamo giunti davvero tanto stancamente all’ottantesima ricorrenza, della liberazione di Ravenna dal nazifascismo ad opera delle truppe britanniche e canadesi. Sicuramente giusto ricordare il fondamentale contributo liberatore di questi alleati, meno opportuno che re Carletto si sia prestato e sia intervenuto a suggellare il ruolo, sempre discusso ed equivoco, dei partigiani ravennati come essenziale ai fini della liberazione dalla dittatura.
Cosi, Carletto ci ha deliziato della storia della partigiana italiana, addestrata dagli inglesi al paracadutismo militare, anche questo con la stessa simpatia calcolata del suo discorsetto ruffiano e di circostanza alle nostre Camere riunite, in un’alternanza linguistica tra l’inglese e l’italiano, pure colorita dal richiamo di Dante. Così, re Carletto d’Inghilterra ha risollevato la credibilità partigiana ravennate, ha porto le sua ampie orecchie all’ascolto degli amarcord di qualche vetusto e fazioso combattente dell’ANPI, Associazione Nazionale Partigiani d’Italia.
E questo, guarda caso, in contemporanea con l’uscita, purtroppo non ultima, ne subiremo altre, dell’ultima fatica letteraria di Walter Veltroni dal titolo Iris, la libertà, dedicata alla figura della partigiana romagnola Iris Versari. Carletto e il Walterino assieme all’unisono nell’accorato sostegno “Ora e sempre Resistenza”: incredibile! Che contraddizione quella del monarca inglese in visita di stato in casa altrui, alla fine con finalità ancora divisive del popolo ospite tra antifascisti e fascisti! E il presidente Mattarella, anch’egli in Romagna, soltanto prono, sornione e persino zitto e mosca perché un reale dei Windsor si prestasse all’onere dell’annuale, trita celebrazione resistenziale ravennate.
Poi, certo, non è mancata la solita ritualità perché Carletto e la sora Camilla risultassero simpatici e alla mano, quasi romagnoli d’adozione. I soliti assaggini di specialità enogastronomiche del territorio; l’ascolto sotto costrizione dell’immancabile canzone “Romagna mia”; l’inevitabile contemplazione attonita delle bellezze artistiche e storiche ravennati; infine, dulcis in fundo, l’esordiente tirata di sfoglia col mattarello della sora Camilla, priva, però, data la sua compostezza regale, di quella mobilità corporea, anche sensuale, di fianchi e seno che Longanesi riconosceva alle sfogline romagnole: movenze quasi propedeutiche al carnale ripieno di buoni cappelletti.
Però, accontentiamoci, Carletto e Camilla hanno bene recitato la commediola del loro ventesimo anniversario di matrimonio in terra italiana tra impegni istituzionali, una visita mordi e fuggi dal Papa sofferente, un evidente aiutino ai partigiani liberatori di Ravenna e, soprattutto, tante circostanze alla tarallucci e vino. Davvero, un bel rinforzino reale in prossimità della ricorrenza del 25 Aprile e delle nuove elezioni comunali a Ravenna. Povero Carletto e povera sora Camilla ad essere ancora disponibili, monarchici alleati soccorritori di Ravenna negli attuali tempi italiani di magra, logora memoria antifascista e di claudicante repubblica.
Franco D’Emilio