
Quando alcune affermazioni mi sorprendono, ancora di più mi stupiscono, cerco sempre di rifuggire da una loro immediata approvazione o disapprovazione oppure da una loro subito entusiastica condivisione o da una triste indifferenza nei loro confronti. Prima di scelte, giudizi affrettati, perché no avventati, rimugino, mastico a lungo ogni parola altrui, anzi la rumino al pari di un paziente bovino che dal rumine, parte del suo stomaco, richiama il cibo in bocca per masticarlo e rimasticarlo al fine di meglio digerirlo.
Questa mia natura ruminante mi ha aiutato a digerire una dichiarazione di Gian Luca Zattini, sindaco di Forlì, pochi giorni fa in occasione della presentazione della prossima mostra sul barocco ai Musei del San Domenico nel 2026: “Una città come Forlì, che aveva un’anima essenzialmente industriale, è riuscita a trasformarsi e diventare anche una città d’arte. E questa trasformazione la dobbiamo alla capacità visionaria di Gianfranco Brunelli.” Dunque, il futuro culturale e artistico di Forlì nelle mani di un solo uomo visionario, direttore delle grandi esposizioni artistiche forlivesi: seppur sinora fortunatamente e felicemente, siamo alla frutta delle risorse culturali cittadine.
Speriamo che l’attitudine visionaria di Brunelli, ormai siamo sul filo del paranormale, non sconfini nell’estasi, pari a quella raffaellesca di S. Cecilia, ovvero in uno stato di isolamento e pericolosa fuga dalla realtà, in questo caso la realtà difficile del complessivo patrimonio culturale forlivese, colpevolmente marginalizzato dalla logica culturale di una mostra dopo l’altra e niente più. Ma torniamo al sindaco Zattini, adesso protagonista di incaute affermazioni, come quella che “una città come Forlì che aveva un’anima essenzialmente industriale è riuscita a trasformarsi e diventare una città d’arte”.
Forlì, mi chiedo, ha avuto davvero un’anima essenzialmente, ripeto essenzialmente, industriale? Forse, il sindaco, rapito dalla corsa per Forlì capitale italiana della cultura 2028, ha sparato la bufala di un passato forlivese, massicciamente pulsante di opifici e sciamante di grande presenza operaia? O forse, molto più probabilmente, si è spinto soltanto oltre il solco della storia forlivese? Si, ci sono state l’Orsi Mangelli, l’Eridania, la Becchi, realtà produttive significative, ma da qui ad attribuire a Forlì un ruolo essenzialmente, insisto su questo avverbio, industriale ce ne vuole davvero, soprattutto in barba a quanto registrato dalla memoria storica. Insomma, a Forlì è mancata una spiccata, peculiare, dominante cultura industriale.
E, poi, come ancora fa il sindaco Zattini a dichiarare tanto avventatamente che Forlì, città con un passato essenzialmente industriale è riuscita a trasformarsi e a diventare una città d’arte? Forse, gli basta il fatto che si strappino e vendano tanti biglietti delle mostre, confondendo, così, il mercato culturale con la totalità valoriale dei principi e dei fini della cultura in senso lato? Solitamente, l’ottima gestione culturale aiuta a crescere una comunità cittadina in termini di civiltà, ma non mi pare che vent’anni di mostre al San Domenico abbiano contribuito a tale crescita: senza andare tanto lontano basta guardarsi attorno, in occasione di certe serate di promozione culturale in piazza Saffi.
Forse, però, il sindaco Zattini vede la Forlì mai esistita, quella “con un’anima essenzialmente industriale”, perché, nell’imminenza della candidatura della città a capitale italiana della cultura 2028, ha veramente anticipato i suoi cittadini nel “guardare la città con occhi nuovi… a sentire l’orgoglio di fare parte di un territorio e di una comunità che crede nella forza della cultura, in tutte le sue sfaccettature”. Come si dice a Firenze, ci vuole davvero un gran fegato a consegnare ai posteri tanta somma esortazione! Perché avere occhi nuovi, se la vista è la stessa? Quella di una realtà culturale approssimativa che si manifesta complessivamente come una pietra opaca, soprattutto priva di sfaccettature, comprese quelle zattiniane, solitamente rinvenibili solo dopo il taglio di una pietra grezza sì, ma oggettivamente già preziosa di suo.
Le ultime parole del sindaco Zattini, appena citate, introducono il video promozionale di Forlì, capitale della cultura, visionabile nella pagina Facebook dello stesso primo cittadino. Parole che volano al pari dell’aeroplanino di carta che dalle mani di una bambina decolla sulla città, sorvolando i luoghi iconicamente triti di Forlì, compreso l’inesistente Miglio Bianco e il Foro Boario con l’antistante obbrobrio trecandis di Marduk, macilento capolavoro artistico forlivese, ormai celebre nel mondo. Andate a vedere il video: niente di originale nella banalità del ricorso alla fanciulla, poi nel volo dell’aeroplanino come fil rouge dei luoghi forlivesi più importanti, infine nel sottofondo musicale, sfacciato e spudorato scopiazzamento della musica di Ennio Morricone di C’era una volta in America. Adesso, può bastare, ho ruminato il giusto e posso finalmente mandar giù tanti bocconi amari.
Franco D’Emilio