Il cerchio del baritono forlivese Daniel Giulianini

Daniel Giulianini

Chiudere un cerchio vuol dire superare un ostacolo che frena la nostra vita, la nostra serenità, quindi liberarsi di un peso, un’amarezza, magari di un interrogativo che bussa alla nostra porta con la difficoltà di soddisfarlo con una risposta immediata.
E’ un obiettivo, spesso difficile, che richiede impegno, costanza, anche il coraggio di affrontare l’incognito, eppure il giovane baritono forlivese Daniel Giulianini c’è riuscito appieno, chiudendo, finalmente, il cerchio della ricerca della propria madre naturale: dopo 27 anni ha ritrovato l’abbraccio di mamma Zorka che per avversità della vita si trovò costretta ad affidarlo, ancora piccolo, ad un orfanotrofio in Bulgaria.

Dall’aeroporto di Bologna, luogo di ritrovo del figlio con la mamma, la notizia ha subito inforcato la via Emilia sino a Forlì, città di residenza del nostro Daniel, ma inevitabilmente è rimbalzata nel mondo, ovunque con grande successo il timbro grave, robusto del baritono forlivese riempia il silenzio attento dei melomani nei più importanti teatri lirici.
Di questa notizia, però, merita sottolineare la figura dell’uomo Giulianini, certamente e solitamente forte nel suo carattere, ma improvvisamente fragile nella sua impazienza ed emozione in aeroporto nell’attesa che arrivasse la mamma naturale: un mazzo di fiori in mano, tenuto stretto come rinnovato simbolo del proprio amore filiale; il nervosismo di camminare intorno, girellando su stesso; uno sguardo alla porta degli arrivi perché finalmente spuntasse quella figura tanto attesa.

Daniel Giulianini sapeva di essere stato adottato ed ha ritenuto necessario recuperare, cercare il bandolo di quel filo che poteva ricondurlo a colei che gli aveva donato la vita e della cui perdita egli stesso non poteva rassegnarsi, quasi sospinto da un richiamo ancestrale.
Chissà, in tutto il tempo di questa ricerca, quanti interrogativi, quante speranze, forse pure momenti di sconforto!
Il lieto fine è tutto nelle mani della madre sul viso del figlio per toccare, interpretare, ritrovare sembianze, come sul filo di una sorta di lettura “Braille” dell’amore materno; il lieto fine è tutto nell’abbraccio di Daniel alla mamma, nella fatica delle sue parole, nel suo pomo d’Adamo su e giù per l’emozione.

Ma tutto questo è solo il lieto fine di un cerchio che lo stesso Daniel ha dichiarato “di dover chiudere” ad ogni costo, adesso, invece, per il nostro protagonista si apre un orizzonte di maggiore serenità, di rinnovato respiro della vita.
In fondo, Daniel è quasi fortunato, oggi ha due madri, cosa insolita, nel suo caso di grande significato: da una parte, la madre naturale, finalmente ritrovata, che gli ha dato la vita con un atto di amore, pur costretta, poi, a sacrificare il suo ruolo materno, dall’altra, la madre adottiva che con pari amore lo ha preso con sé per la gioia di crescere un bambino come un figlio e guidarlo alla scoperta del mondo.
Sono convinto che Daniel sia consapevole di questa sua duplice fortuna e, altrettanto, abbia compreso il grande atto d’amore delle parole di Loris e Caterina, i suoi genitori adottivi, nel raccomandargli “Non ti preoccupare di noi. Ora viviti tua madre.”

Tutta questa vicenda mi ha commosso e, solitamente, non sono incline ai sentimentalismi, ma questa storia di un figlio che ritrova la madre sa di aria pulita, di cuore oltre ogni ostacolo, di tenacia nel ritrovare e rispettare le proprie radici.
Non è poca cosa nei tempi confusi che attraversiamo, tempi ancora più sinistri nel prospettare alchimie familiari di “genitore 1” e “genitore 2”, magari con due padri, di cui uno con ruolo materno, oppure con due madri, di cui una nel ruolo paterno: mi trattengo, nonostante, in proposito, la mia lingua infierisca su un dente assai dolente.

Chiudo con un augurio rivolto, questo sì, al baritono Daniel Giulianini.
Gli auguro tanti nuovi successi e soddisfazioni professionali, ancora di più ora che la sua voce d’artista vibrerà appagata dalla sua serenità di uomo e, magari, socchiudendo gli occhi, nel passo difficile di un’aria, non mancherà il fiato che tutto è possibile nella vita: arrivare a calcare i palcoscenici dei maggiori teatri lirici al mondo e riuscire nell’impresa di ritrovare una madre perduta, ma mai dimenticata.

Franco D’Emilio

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