La sindaca di Tredozio e gli zombi della vecchia DC

ritorno della Democrazia Cristiana

Incredibile, lo so, però spesso ritornano, almeno ci provano, ostinati zombi, fantasmi di un passato, magari anche importante, illustre, che loro, tanto cocciutamente e sfacciatamente vogliono far rivivere per sfruttarne ancora la suggestione a proprio vantaggio. Per carità, in politica ben vengano le novità, soprattutto se innovatrici e moderne interpreti dell’attualità, ma, perdio, il ritorno al passato no, questo ci sia risparmiato! In politica, come in altre attività umane, la fine di un partito, di un periodo storico, di un protagonista segna la caduta di ogni ragione della sua ulteriore, possibile riproposizione: basta, la bottega va chiusa perché non attira più clienti.

Di questo dovrebbe convincersene Simona Vietina, sindaca di Tredozio, anche deputata della Repubblica nella XVIII legislatura con il record di aver indossato nei 5 anni da parlamentare ben quattro diverse casacche, seppur afferenti all’area del centrodestra oppure ad una zona d’attesa ovvero né carne né pesce: nell’ordine, Forza Italia; poi Coraggio Italia; quindi il Gruppo Misto; infine, Vinciamo Italia-Italia al Centro con Toti, le cui ambizioni non sono mai andate oltre la sua sproloquiale definizione. Adesso, non più rieletta, resta salda sullo scranno di sindaca di Tredozio, ma, si sa, dopo aver assaporato la politica di più ampi confini la carica municipale non può appagarla del tutto, così si inventa un’operazione nostalgica, rivelandosi infondatamente fiduciosa che nel suo caso non valga l’aforisma “ciò che siamo stati e mai più saremo”.

Come nella canzone di Al Bano e Romina Power, Simona Vietina si è fatta volutamente trascinare da tanta “nostalgia canaglia”, ma non da quella “che ti prende quando non vuoi”; no, stavolta, ha scelto lei i tempi e i modi nostalgici per rievocare, quindi godersi i riflessi, ormai rari e opachi, di una trascorsa protagonista della vita politica italiana: la Democrazia Cristiana. Ohibò, Simona Vietina si illude con un colpo di scena, anzi un colpo gobbo, che avrebbe fatto persino sorridere il divo Giulio Andreotti, di progettare il suo e altrui futuro politico con un ritorno al passato democristiano, sicuramente aureo perché fruttifero, ma riconosciamolo definitivamente concluso perché cadute le motivazioni, le idealità, mutati gli stessi schieramenti politici che per 51 anni, dal 1943 al 1994, consentirono alla DC di svolgere un ruolo fondamentale al servizio del paese.

Simona Vietina, udite udite, resuscita la defunta DC, subito ne diviene coordinatrice regionale in Emilia-Romagna, assistita da altri amici in questo estremo e temerario intervento di rianimazione politica: povero simulacro della DC, al massimo una bambola gonfiabile che Vietina e amici si ostinano a gonfiare, dimentichi quanto quella forma plastica sia bucata dai numerosi scandali, in particolar modo tangentizi, alla fine causa del suo declino e della sua scomparsa definitiva. Presa da tanta ruffiana nostalgia democristiana, Simona Vietina perde l’obiettività del presente, parla fuori dalle premesse odierne del futuro, spacciando che quest’ultime possano individuarsi ancora nella morta e sepolta DC! Via su, la DC, ormai, è archeologia politica, non fantascienza, perché rifilare la bufala, la “sola”, come significativamente si dice a Roma, di una corrente, immarcescibile attualità democristiana?

Basta, dunque, pure con le conseguenti, trite affermazioni, politicamente banali, di essere diventata neodemocristiana “perché sono sempre stata al centro, che è la moderazione e la mediazione, il governo della governabilità e non della pancia” oppure “Di DC ce n’è una sola, il partito del centro e che sta al centro. Noi siamo centristi, siamo democratici e siamo cristiani, anche in politica”. Un logoro, ossessivo refrain, solo anacronistico e sbadiglievole!
Giusto, di DC ce n’è stata una sola, questo è sicuro, ma, invece, quale è la Democrazia Cristiana scelta da Simona Vietina?

È quella che da maggio scorso ha come suo segretario nazionale Toto’ Cuffaro, 7 anni di carcere per favoreggiamento personale di appartenenti a Cosa Nostra e per rivelazione di segreto istruttorio: ottima scelta, ad maiora, anzi no alla malora! E, soprattutto, non si osi mai più pensare, anche solo sottintendere che la DC di Cuffaro possa includersi nella grande DC di Sturzo, De Gasperi e Moro, perlomeno si abbia il giusto rispetto di morti, degni soltanto di onori, non dell’incauto accostamento ad un ex recluso. Vorrei far presente ai lettori che dal 1994, anno di scomparsa della DC, risultano ben 15 le formazioni politiche, propostesi come nuova formulazione della Democrazia Cristiana, ma, perlopiù, finite a giocarsi ai dadi il simbolo, la denominazione e, sotto sotto, gli avanzi del patrimonio, rimasti dopo tanto gratta gratta sul fondo del barile.

Veri democristiani, ex ministri come Clelio Darida e Nicola Signorello o ex sindaci di Roma, come Pietro Giubilo, oppure parlamentari, come il mitico Massimiliano Cencelli, si sono tenuti bene alla larga da questa schiera di nani e ballerine, finalmente nelle condizioni di provare a campare sul nome e il prestigio della trascorsa DC. Ancora di più in politica dovrebbe rispettarsi il proverbiale adagio “Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei”.

Franco D’Emilio

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