Graziano Rinaldini come un testimone di Geova alla porta

Graziano Rinaldini

La nostra Forlì sarà più bella, sarà più pulita, sarà più sicura, sarà più aperta, sarà più autorevole, sarà più verde”, proprio con queste parole Graziano Rinaldini, candidato sindaco per il centrosinistra a Forlì, ha ufficialmente inaugurato, il 9 marzo scorso, la sua campagna elettorale: immancabile la claque di compagnucci plaudenti, tutti baci e abbracci, persino inclini al “give me five” degli imperialisti yankees; pare fossero circa 300, ha riportato la cronaca, certo non tutti “giovani e forti”, come nella Spigolatrice di Sapri di Luigi Mercantini. Infine, coerentemente con l’iniziale proposito, interamente al futuro, inevitabile, ma davvero banale e scontato quel “Forlì sarà”, scelto dallo stesso con tanta spremitura meningea quale slogan guida della sua corsa elettorale a sindaco di Forlì.

Dunque, Rinaldini candidato che parla col tempo futuro, il che non significa affatto essere avveduto politico e amministratore del futuro della nostra città: infatti, per formulare e proporre una visione futura di Forlì, bisogna partire dal presente e concretamente, in dettaglio, soprattutto con tanto senso della misura e delle priorità, prospettarne la modifica, l’evoluzione. Gian Luca Zattini, sindaco uscente del centrodestra forlivese, ricandidatosi con tanto rinnovato impegno, da tempo, ormai, espone, illustra, definisce aspetti del suo programma elettorale, anche riconoscendo limiti, difficoltà, persino i pochi errori della sua prima sindacatura; insomma fa capire e, ancora di più, si fa capire quanto la sua prospettiva futura di Forlì sia costruita con tanto realismo sul presente, sull’attualità.

Al contrario, Graziano Rinaldini parla al futuro e del futuro senza sottendervi alcun fondamento propositivo, pure efficace elettoralmente contro l’avversario Zattini; così, resta solo nell’ambito di futuribili, entusiastici, ma indefiniti buoni auspici, nulla di più: con lui sindaco tutto sarà più bello a Forlì, ma non si capisce come e per quale via, risultando così, per tanta vaghezza, nemmeno degno di competere con la concretezza testuale di Terra Promessa, splendida canzone di speranza di Eros Ramazzotti.
Rinaldini è maestro solo nel dire il contrario di quanto affermato o nei propositi di Zattini; critica senza offrire soluzioni alternative, in particolar modo credibili; sa solo “sciacallare” su ogni aspetto che possa, persino pretestuosamente, addebitarsi a Zattini: si pensi alle ignobili speculazioni sui rimborsi agli alluvionati o a taluna miserevole, qualunquistica affermazione come “mentre io spalavo il fango, Zattini in Comune piangeva”.

Sicuramente, il compagno Rinaldini non piange perché uomo di bottega della sinistra, non certo di vera impresa; ha diretto una cooperativa rossa con tanta attenzione solo ai profitti, ben consapevole dello sfruttamento e delle paghe da fame dei propri dipendenti, quindi, lo ribadisco, classico comunista sulla pelle altrui, mai la propria. Dunque, un cinico con la pretesa di proporsi sindaco di tutti i forlivesi, suvvia il buongiorno si vede dal mattino! La giusta missione di un autentico uomo d’impresa è tutt’altra cosa e l’ha riassunta tanto efficacemente Kevin Bravi, giovane e brillante imprenditore forlivese, ora partecipe della lista Zattini: Ascoltare, conoscere, proporre e poi agire, proprio tutto l’opposto del menar il can per l’aia del compagno Graziano con la velleità di fare il sindaco.

Le parole di Rinaldini, incipit di questo pezzo, mi fanno venire in mente i testimoni di Geova che, magari di domenica mattina e nel pieno di un sonnolento poltrire, ti suonano all’uscio, chiedendoti suadenti al citofono “Sei felice, credi nel futuro e nella parola del Signore?”. Così, il nostro ineffabile Graziano busserà alle nostre porte in cerca di voti, promettendoci tanto nuovo, speranzoso futuro, però solo a chiacchiere e con la faccia tosta di far credere ai forlivesi che cinque anni della prima giunta di centrodestra a Forlì contino, in errori, quanto decenni e decenni di egemonico e divisivo, pasticciato e non senza svarioni governo delle sinistre.

Franco D’Emilio

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